UN VERO ZINGARO!

Quando avevo l’età di un ragazzo, incontravo l’emozione e la cavalcavo e le facevo fare una cura dimagrante tale da poter entrare in una mia canzone o in una musica che mi trapanava il cervello…

Se non c’era dolore, non c’era movimento, perché la passione - che agitava e scuoteva il dolore - aveva la curiosa abitudine di infilarsi proprio sotto al cuore e spingere spingere spingere, fintanto che - non potendo reggere una simile pressione - il cuore rimbalzava dalla gabbia toracica fino a raggiungere una “terra di nessuno” situata in un’area che ancora oggi non ho del tutto individuata – anche se ho imparato ad accedervi volontariamente – dove un “lampo” trasformava in note le mie emozioni…

Quello che ricordo ancora con esattezza è la sensazione di estrema interiorità che provavo: mi sembrava di calarmi con una fune all’interno del mio corpo sempre più giù, ad una profondità tale che mi spaventava; eppure gioivo enormemente in questa strana estasi, che andava ben al di là di un orgasmo fisico…

Ricordo pomeriggi interi per strada a cercare di "venire fuori da me", fondendomi in mezzo alla gente nella speranza che il caos e la materialità mi lasciassero emergere da quella profondità dalla quale temevo di non riuscire a tornare... 

Ho trovato la chiave oggi e ho trovato la porta delle “mura di quella città”, di cui tutt’ora ignoro “il capoluogo”; ma ho imparato ad accedervi anche volontariamente e arredarla come più mi piace, ho imparato a “limare” molto più finemente le “scordature” che anzi, danno una vertigine in più, tanto da far girare la testa…

Sicuramente non siamo soltanto quello che vediamo: qualcuno vede soltanto il nostro vestito, qualcun altro più intimo può vedere anche il nostro corpo, qualcuno poi riesce a far luce sul nostro carattere e prevedere alcuni comportamenti, qualcun altro si spinge fino comprendere in parte la nostra mentalità e il nostro pensiero, qualcuno riesce addirittura a vedere i nostri organi: cuore e cervello e polmoni ecc…; ma anche lui – il medico – si deve fermare qua!

E arrendersi di fronte all’impossibilità di inoltrarsi più in profondità dove sovente il medico – estremo materialista perché nessuno più di lui indaga una materia tanto materialmente umana – non riesce ad immaginare qualcosa che vive - che lui non possa indagare - presente in quella persona di cui può “smontare” cellula per cellula il corpo, ma senza trovarne traccia alcuna.

Ma noi - pur non essendo i padroni di quel corpo, che infatti possiamo soltanto utilizzare ma senza cambiarne le regole e senza gestirne le potenzialità, se non in minima parte – abbiamo la possibilità di accedere ad aree più remote come le emozioni e i ricordi e le sensazioni, che fondendosi col nostro pensiero riescono a restituirci quell’idea di vita che sovente disprezziamo e chiamiamo sufficientemente: normalità…

Quella “normalità” se sufficientemente frequentata, può dare risultati sorprendenti: in qualcuno può sollevare le note dal silenzio come nel mio caso; in qualcun altro può risolvere problemi di grande intuizione “che la mente da sola non basta”; in qualcun altro ancora può staccare le unghie dalla solitudine e dall’isolamento che lo circondano e gli graffiano l’anima, e portarlo a condividere gioie e dolori con gli altri esseri umani; a tutti regala la coscienza della coscienza, dunque la gioia della spiritualità, l’affondo oltre la carne all’interno dei sensi astratti…

Può darsi che un artista abbia un percorso semplificato in questo, perché avendo una sensibilità acuita, quasi sempre questa lo conduce all’interno di quella sfera in cui si usano i sensi astratti, e si prende facilmente confidenza con quel lampo creatore di cui si riconosce – se si ha un minimo di onestà – la completa estraneità.

Quello che è dato ad un artista è la frequentazione gratuita di quell’area, ed il regalo di quel lampo creatore, sul quale poi si ha il dovere di lavorare e renderlo aderente come un guanto alla propria natura; anche perché - pur trattandosi sicuramente di regalo nel soffio iniziale – è anche vero che questo regalo è confezionato appositamente per il destinatario, e costui ha l’obbligo morale di portarlo a livello di espressione matura: dal seme alla pianta!

Chi - nel caso ad esempio di un musicista - non ha voglia di fare questo lavoro e sostituisce al risultato finale, un “lavoretto” di aggiustamento ritmico e/o “simpatico-commerciale” di quel lampo creatore gratuito, per averne un interessante guadagno materiale; vende un frutto dell’anima al mercato dell’industria, divenendo egli stesso uno schiavo…    

Perché chi pensa di poter servire due padroni, e da un lato vestire di una patina luccicante qualche seme per riempire le tasche, e dall’altro di coltivare silenziosamente in privato la crescita dei semi migliori e portarli allo stato di fiore; si accorge ben presto che una pratica esclude l’altra, e – se pur a volte si continuano a ricevere gratuitamente semi dall’alto – in realtà si perde la capacità di farli crescere in modo armonico e si diventa schiavi del denaro.

La posizione sociale non esiste per un musicista, né per nessun artista; egli è grande soltanto nella misura in cui riesce a sviluppare i temi che gli vengono regalati in maniera conforme al creato e a se stessi; l’artista è un nomade dentro: un vero zingaro!

Uno a cui puoi regalare un attico a Roma in cambio di una sua composizione, e stupirti perché sceglierà sempre solo la sua chitarra come strada per entrare ed uscire dal cuore!

La fonte dell’arte è sempre là e continua a dare acqua buona a chi ha voglia di arrampicarsi fin lassù!

E’ vero la salita è dura, ma la tensione che si lascia indietro e lo stato di grazia che si raggiunge - quando si beve dalla sua fonte - è talmente differente dallo stato di nevrotismo indotto dalla musica a gettone, che la fatica galleggia…

Rué, 30 agosto 2012   

UN VERO ZINGARO!

Nessun commento trovato.

Nuovo commento


Crea un sito web gratis Webnode