Si fanno chiamare concertisti!
E vanno in giro a cercar carriera, suonando in qualunque loco non glie lo impediscano…
Si fanno chiamare concertisti!
E ti suonano quello che vuoi, basta che li stai ad ascoltare…
Si fanno chiamare concertisti!
E divorano il palcoscenico come un topo il formaggio…
Si fanno chiamare concertisti!
E improvvisano piccoli festival del nulla con la scusa del wintage…
Si fanno chiamare concertisti!
E parlano di cultura e citano famosi autori, che - per come hanno vissuto – se li vedessero e li sentissero, li manderebbero in cabina trucco…
Si fanno chiamare concertisti!
E confondono le idee dei meno preparati con una bella parlantina, mischiando note in abito da sera con un buon bicchiere di vino e un assaggio di prodotti locali…
Si fanno chiamare concertisti!
E riducono ogni composizione ad una gara di velocità…
Si fanno chiamare concertisti!
E confondono la musica classica con una raccolta di classici, come se ciò che ha distinto nei secoli la musica classica fosse la sua capacità di sopravvivenza alle mode; e non questa una conseguenza della sua capacità di sviluppo verticale di un linguaggio capace di creare grandi architetture, autosufficienti dal punto di vista della completezza espressiva e della varietà sonora, e che non necessitano di arti figurative o di parole ad integrarne i contenuti…
Si fanno chiamare concertisti!
E poi aggiornano Bach impalandolo con i Led Zeppelin, o nutrono Beethoven di jazz…
Si fanno chiamare concertisti!
E pensano che la musica dal vivo sia soltanto quella eseguita davanti al pubblico…
Si fanno chiamare concertisti!
E vanno così orgogliosi della musica suonata dal vivo, che l’interpretazione diventa un orpello del tutto arbitrario e secondario – del resto, quando c’è la tecnica si ha già tutto vero?…
Si fanno chiamare concertisti!
E non si vergognano nemmeno quando tentano di erudire il "popolino", con quattro aneddoti relativi alla vita di un grande autore, come se questi fatti – quand’anche fossero del tutto autentici – servissero a conoscere quell’autore meglio che ascoltarne la sua musica…
Si fanno chiamare concertisti!
E strappano alle note il loro suono, per riempirle del loro ego massiccio…
Si fanno chiamare concertisti!
E inventano la “interdisciplinarietà” per adunare tanta gente in un posto dove - se si suonasse seriamente - si faticherebbe a riempire la prima fila; perché di questi tempi la gente preferisce cose più semplici e non un linguaggio puro - che quindi pretende un ascolto attivo e non passivo: oggi molti preferiscono l’amaca ad una scalata in vetta; ma per cambiare la cultura non occorre impoverire e svendere la musica seria come degli imbonitori televisivi, semmai occorre rendersi complici di un modo di vivere che presenta ogni cosa nella sua originalità, e stimolare le persone a crescere e cercare anziché lasciarsi trovare: perché come da sempre l’arte pura va cercata ed individuata a prezzo di fatica, non raffazzonata in cofanetti di cd o concerti con lo sponsor di un prosciutto!
Si fanno chiamare concertisti!
E ti raccontano che la musica è la loro unica ragione di vita, e che la carriera e i soldi proprio non li toccano…, le bugie dei venditori hanno le gambe corte però!
E poi basta!
Si va avanti con nuovi autori, e non con cinquantamila esecutori sempre degli stessi autori; di quegli esecutori ne bastano molti meno: più professionali e differenti tra loro!
Rué, 17 luglio 2013