Torino: Piazza Statuto – 15 maggio 2013 – ore 15,10…
Mi avvicino alla piazza con la mia auto, percorrendo il corso Francia, la pioggia è talmente insistente che a mala pena si vede il semaforo e bisogna fare attenzione…
A un tratto mi accorgo che lungo il marciapiede centrale che divide le carreggiate - riempito a mo’ di vaso di piante varie, lungo quel marciapiede qualcosa si muove e l’unica cosa che distinguo con certezza è il colore blù…
Avvicinandomi sempre più al semaforo dove finisce il corso e inizia la piazza, improvvisamente mi accorgo che quel colore appartiene ad un cappotto tipo loden, che ricopre per tre quarti la figura di una donna, lasciando scoperti i polpacci senza calze ed i piedi nudi che indossano soltanto un infradito…
La donna si muove camminando in maniera strana, sembra quasi che il movimento delle anche sia incollato a quello dei piedi, e si avverte come un “balletto” strano nel dondolare di tutta la figura; i suoi piedi si muovono liberamente sciabattando nelle pozzanghere di acqua che ricoprono l’intera carreggiata, non ha nulla per coprirsi se non un foulard in testa: nessun ombrello, nessun cappello…
Mi accorgo – pur nella tempesta di acqua che limita la visibilità – che scivola a un passo dalle auto con le mani stese una sopra l’altra come molti usano per fare la comunione; però lei cerca solo qualche monetina per sopravvivere e regala sorrisi che non so da dove le escano…
Tutte le auto restano ben chiuse con vetri sigillati e cuori incollati ai vetri; nessuno apre uno spiraglio e quando la donna si avvicina un po’ troppo, fanno un saltello insofferente con l’auto, e si voltano dall’altra parte; improvvisamente – come in ogni temporale – la tempesta torna al cielo e lascia una pioggerellina più sottile che permette un minimo dialogo, apro il vetro e dai suoi occhi si scatena una dolcezza insospettata, mi vergogno di esistere in quell’auto davanti a lei, sì - mi vergogno e mi sento imbarazzato, temo che dalla mia bocca possa uscire qualche sciocchezza tipo “auguri…” o roba simile, le do quel po’ che posso darle e lei si accende come un presepe, perché forse in tutta la giornata non aveva nemmeno racimolato quella miseria…, le domando “scusa, ma non hai un ombrello?”, lei non parla quasi niente l’italiano, ma lo capisce e mentre mi fa cenno di no con la testa, mi risponde a gesti prendendosi tra le mani parte del cappotto e strizzandolo con forza - come si fa con il bucato, mi mostra tutta l’acqua che ne esce e mi continua a sorridere…
La saluto mentre lei mi benedice, manda baci con la mano e sorride sempre, con la testa un po’ piegata; scatta il verde e riparto, ma non sono più lo stesso, in quei pochi istanti ho ricevuto più insulti che in dieci anni di vita; non certo da lei, ma dal mio cuore che trabocca e poi scoppia primo con un pugno sul volante e poi in pianto…
Proseguo nella piazza e mi inoltro per raggiungere il Rondo della Forca - meta che devo raggiungere, poi d’improvviso fermo l’auto - sono ormai un robot – cerco nel cofano dell’auto e trovo l’ombrello violetto a fiori di mia madre, che non ho nemmeno mai prestato a nessuno da quando mia mamma è morta…
Inverto la marcia e imboccando controsenso la piazza accelero e mi porto avanti agli altri, raggiungo il semaforo precedente in senso opposto (dalla piazza al corso Francia), io rallento e lei mi vede, scavalca il marciapiede fiorato immergendosi con tutti i piedi nudi nella terra bagnata, mi raggiunge, le sporgo l’ombrello e lei si commuove…
Una lacrima si fa strada sul fianco del suo viso, senza che lei la raccolga; e la dignità di quel viso mi da un brivido, pochi sguardi ma ben piazzati e siamo l’uno nel cuore dell’altra…
Il resto della giornata di ieri è seppellito dentro quegli sguardi, che ancora oggi “mi cercano l’anima a forza di botte…”
Una società che si premura di portare il cagnolino dal veterinario, perché soffre il caldo…
Una società che non si schifa a baciare in bocca il proprio cane, ma non toccherebbe mai la mano a un mendicante…
Una società che si allarma se l’insegnate a scuola, usa un tono un po' brusco con un alunno…
Una società che si nasconde dietro una privacy ridicola, che fa tanto personaggio…
Una società così evoluta che davanti ad un essere umano - che non ha più nulla di umano, semplicemente tiene chiuso il vetro; e non si parla di bambini che muoiono di fame dall’altra parte del mondo – e si sa, occhio che non vede, cuore che non duole; no, si parla di un essere umano qui, davanti a noi, che potrebbe raccogliere da sola su di se, centinaia di ingiustizie enormi…
Noi, che ci scandalizziamo per ingiustizie microscopiche, permettiamo che anche il nostro cagnolino abbia un trattamento più umano di quell’essere che ci sorride e tanto ci urta!
Questa è "l'evoluzione della specie" che sognavamo?
Qualcuno ogni tanto mi dice “noi italiani qua, noi italiani là, dobbiamo tenere alto il nostro nome nel mondo, non siamo certo inferiori a nessuno, ecc…”
Belle parole, per carità!
Se soltanto ci ricordassimo di appartenere al genere umano, prima di sentirci italiani…
Se poi ci commuoviamo davanti ad un cane lupo che allatta dei gattini orfani, ci basterebbe anche solo appartenere al genere animale, per sentirci fratelli!
Buonanotte donne e uomini, buonanotte a te sorella sfortunata, buonanotte amici animali, buonanotte e buon Risveglio!
Rué, 16 maggio 2013