ARTISTI CHI?

Chiamiamo artisti coloro che ci fanno cantare e ci tengono compagnia…

Chiamiamo artisti coloro che ci cantano l’amorello e si inventano un ricordo fiabato…

Chiamiamo artisti quelli che la sera spuntano da dietro uno schermo per farci ridere e cantare e ballare e mostrarci un po’ di bella gente…

Chiamiamo artisti quelli che fanno dello spettacolo…

Chiamiamo artisti quelli che si riempiono le tasche raccontandoci il mondo onesto e giusto, al quale loro però non appartengono…

Chiamiamo artista chi porta un abito più colorato e una pettinatura costruita - come le torri del rinascimento - per intimidire gli altri…

Chiamiamo artista chi s’è fatto un nome e lavora per tenerselo…

Chiamiamo artisti quelli che possono sparare anche sulla croce rossa, ma sicuramente avranno le loro ragioni…

Chiamiamo artisti quelli che vestiti d’umana astuzia ed essendosi costruiti la fama di “artista impegnato”, rimbalzano da uno show televisivo all’altro, e vengono puntualmente invitati dove si dibatte su un qualunque problema sociale - del quale non capiscono assolutamente nulla - ritenendo il loro parere da tuttologi maturi: come vangelo.

Chiamiamo artisti coloro che salgono su un palco e cantano la loro canzonetta disimpegnata o - peggio - impegnata: dettando stili e costumi e suggerendo slogan o balli; quando poi le loro giornate sono interamente dedicate a calcoli e pubbliche relazioni da imprenditore - indispensabili per la loro carriera: lontani anni luce da ogni studio e lavoro artistico.

Chiamiamo artista chi nella nostra frustrazione di non essere “arrivati” fin là: esprime la nostra mediocrità, al vertice della scala produttiva.

Riteniamo artisti minori coloro che - essendo immersi dalla mattina alla sera nell’arte: per lavoro e per studio e per amore e dedizione completa - non riescono ad alzarsi sopra la cresta dell’onda e apparire là dove occorrerebbe e sono del tutto incapaci di tessere rapporti personali con le persone che potrebbero "cambiare il loro destino"…

Riteniamo artisti minori coloro che avendo qualcosa da dire e ritendendo l’arte il mezzo più personale per esprimersi - quasi un marchio, non ammettono compromesso alcuno: né economico né stilistico; e si rifiutano categoricamente di sottoporsi a livellamenti che rendano conforme la loro opera alla “richiesta” attuale, i loro suoni al sentire comune…

Riteniamo artisti minori quelli che rinunciano ai facili guadagni e a una fama da tuttologo, per lavorare nel silenzio senza distrazioni; senza inseguire traguardi carrieristici ed economici e premi culturali costruiti ad hoc per scalare le vette del nulla;

Riteniamo artisti minori quelli che operano nel tentativo di esprimere la propria diversità in tutta onestà, e cercando di ristabilire quell’equilibrio che soltanto una creazione artistica sincera può rendere: al suo autore e a coloro che lo seguono…

Si scrive per necessità, non per comunicare, né tanto meno per vendere; chi sostituisce questa necessità con quella di riempire il portafoglio e gonfiare il proprio ego, tradisce sé stesso prima di tutto!

La necessità che spinge un uomo ad esprimersi è la stessa che spinge un altro uomo a nutrirsi di quella espressione cercata e trovata: per arricchirsi di una diversità che non conosceva; l’esatto opposto di chi non cerca nulla ed ingurgita tutti i giorni tonnellate di prodotti identici a sé stesso, nell’unica ricerca di una conferma del proprio io.

Chi cerca arte, dovrebbe partire dal concetto di trovare nuove realtà, ed accettare tante diversità di espressione e di linguaggio quanti sono gli artisti con cui viene a contatto; quando si presume un linguaggio di appartenenza non si arriva più in là della propria schiena.

A cosa serve questa onesta ricerca?

A ragionare in maniera più ampia, a conoscere modi nuovi di concepire la vita, l’uomo, la divinità; a comprendere cervelli differenti e modi più profondi del sentire, attraverso sensibilità più rare e nascoste: non certo quelle dei personaggi famosi che sfilano in passerella per il loro beneficio e arricchimento, certamente non per il nostro!

Mi ha costruito maggiormente - come persona, non come musicista - l’ascolto dell’opera 111 in do minore (in particolare il secondo movimento) di Beethoven - una delle ultime sonate per pianoforte - che tanti libri e milioni di parole ed esperienze tutte simili tra loro, e alla fine anche sterili.

La profondità remota a cui ti costringe quell’opera con cui il grande compositore non guadagnò un centesimo, conduce l’ascoltatore al centro di sé stesso e gli permette anche un’introspezione ben più profonda di quella che oggi ci è permessa dalla fugace vita che conduciamo: ricca del superfluo e povera dell’indispensabile.

La diversità concede la fertilità, la similitudine porta alla sterilità: così in natura, così nell’animo dell’uomo.

Rué, 5 maggio 2012

ARTISTI CHI?

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