Quanti hanno paura della diversità!
E quanti si chiedono:
Ma se viviamo in un mondo corrotto, che apprezza solo il male…
Se la gente intorno a me vive solo per il denaro…
E se tutti invidiano tutti, e nessuno è pronto ad aiutarti quando sei in difficoltà…
Se conta solo più il sesso, e l’amore vero è considerato ingenuità; se il matrimonio è considerato la tomba dell’amore…
Se il lavoro è visto come espressione della propria superiorità: economica, sociale, intellettuale e di rango…
Se fare le scarpe agli altri appena è possibile, è ritenuto un gesto intelligente di una persona intelligente; mentre appare scemo chi non ne approfitta al volo, e ancora ti dicono “guarda che lui con te lo farebbe…”
Se anche nell’amicizia: ci si inganna e ci si ruba il partner, ci si scavalca sul lavoro, si cerca l’invidia dell’amico, si tenta di affermare la propria superiorità…
Se conta solo come appari e a nessuno frega niente di chi veramente sei, se ti guardano come a un possibile consumo sessuale e non come una persona con dei sentimenti, se ti calcolano solo per quello che puoi produrre e i tuoi bisogni devono avere un prezzo che puoi spendere, altrimenti non è roba di questo mondo…
Se tutti considerano i sentimenti la scelta dei deboli, e cercano fin da bambino di svezzarti al mondo con dei battesimi di cattiveria con la scusa “vedrai che un giorno mi ringrazierai per questo, soffri adesso ma eviterai tanti mal di pancia in futuro, devi solo capire come funziona il mondo se vuoi viverci dentro, ecc…”
Se chi crede in Dio viene considerato più bambolo di chi crede nell’amore, se la fede in Gesù viene letta come: “eh, tanta gente quando gli succede qualcosa, poi vanno un po’ fuori di testa…”
Se comperare qualcosa di inutile tutte le settimane è diventato imperativo; e se la vita in città con tutte le sue comodità (apparenti) e sue luci (apparenti) è diventata obbligatoria per un giovane, irrinunciabile per una persona adulta che lavora ed esige una vita frizzante, e indispensabile per un vecchio che non può più fare a meno di quelle comodità e servizi: per la sua lentezza e salute così…
Se, se, se e se…
Quanti si chiedono questi ”se” e altri ancora?
Tutti?
No!
Troppi?
Si!
Perché la paura della diversità fa più male della paura della “normalità”!
Eppure la normalità dovrebbe somigliare più a qualcos’altro; però così non è!
Si considera normale quello che viene praticato da molti, dai più; non quello che segue la norma che discende dall’intelletto e dal cuore e dalla storia degli uomini…
Si considera normale l’adesione totale ad una prassi che non ha una teoria; si considera normale ciò che ci succede intorno – soltanto perché accade a pochi passi da casa nostra, senza minimamente riflettere sull’effettiva normalità di quel fatto, senza pensare: “avrei agito diversamente se non avessi avuto quell’esempio stringente?”
Perché quell’esempio – e tanti altri – sono davvero troppo stringenti: sembra una sciarpina che passa per il collo morbida a dare protezione e calore, ma pronta a stringere e strozzare al primo avviso di nostalgia del proprio cervello, dei propri sentimenti, della propria vita…
Ma si deve anche fare attenzione a dove si guarda, però!
Perché il sostenere “così fan tutti!”: può diventare una scusa elegante per affermare che è diventato insostenibile praticare una vita diversa, all’antica come dicono molti…
Ma cos’è antico poi?
Una vita dove la persona viene ancora interrogata sui suoi effettivi bisogni e dove ha ancora un briciolo di valore l’uomo – indipendentemente dalla sua produttività o status sociale, e dalla sua età o prestanza fisica?
Ma cosa sarebbe antico poi?
Una vita dove i sentimenti “la fanno da padrone” e invitano a nozze il cervello per dare il via alle danze: per scatenarsi tra cuore e bottega, tra cuore e pensiero…, all’inseguimento della conoscenza?
Dicevo che occorre anche fare attenzione al dove si guarda!
E in effetti se si guarda sempre verso il basso, sarà facile vedere disastri, ma se si sposta lo sguardo un po’ più in alto: si possono incontrare persone diverse, e tanto diverse!
Persone, non fantasmi!
Ragazzi giovani che fanno volontariato accanto ai senzatetto o negli ospedali; adulti che dividono la loro vita tra: famiglia, lavoro e impegno sociale; anziani che aiutano i giovani a non morire di “no-vita” (o novità che dir si voglia) prima di invecchiare…
Mamme che vivono orgogliosamente la loro condizione, senza confrontarsi con l’idea assurda di cosa sarebbe stata la loro carriera se fossero state uomini…
Sacerdoti che come stampelle sostengono in confessionale, durante le messe, come padri spirituali e nella vita quotidiana: i peccatori e i “presunti innocenti” - che sono appunto coloro che pretendono l’assoluzione apriori perché vittime innocenti di questa società…
Persone varie - “nascoste” agli occhi dei più, che vivono onestamente il loro lavoro e la loro condizione famigliare e sociale, e non si chiedono se tutto questo deve avere per forza un senso religioso o spirituale; lo fanno perché Sentono ancora la loro coscienza, non sono diventati ancora così “forti” da mettere a tacere sentimenti e coscienza…
Però si sa: fa sempre più rumore un albero che cade di una foresta che cresce, e allora sovente ci si abbandona con maggior sicurezza alla moda dilagante, a quello che ci appare il mondo – così, in una mano; che pare subito la scelta più facile e meno problematica…
Si indossa un paio di scarpe di un modello “di mondo” e ci si incammina per il mondo su una strada che più che una strada è una rotaia, col suo percorso prestabilito e destabilizzante.
Ci vuole coraggio per vivere, è vero!
Ma si può chiamare vita: la fotocopia 13milioni654mila700edieci di un fantomatico modello “di mondo”?
Se tutto il mondo ci appare come il male, non è sempre e soltanto colpa degli altri!
Sovente fa comodo camminare con lo sguardo basso, per evitare di guardare in alto…, potremmo sempre trovare qualcuno che ci invita a salire, e poi?
Poi ci tocca spostare il dito che mal celava la nostra lania e rimboccarci le maniche!
Abituiamoci invece a camminare con lo sguardo verso l’alto: ci innamoreremo e la vita comincerà a nascondere la fatica alle nostre mani, e a coniugare un verbo greco decisamente fuori moda: Agàpe!
Rué, 12 gennaio 2013